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  • Immagine del redattoreMarco Cencio

Cina: potenza (o minaccia) reale o bluff?

Sullo scenario internazionale si sta delineando sempre di più un possibile confronto-scontro tra la Cina e gli Stati Uniti.

Da diversi anni si stanno susseguendo (e tutt'ora ci sono) studi, ricerche, ipotesi, dati circa la continua erosione del potere e della forza americana sul mondo. Se però da un lato abbiamo già provato a dare uno spunto di riflessione sull'iniziativa economica e geopolitica cinese (la Belt Road Initiative), da un altro lato non abbiamo approfondito il grande piano di riarmo cinese e, gettando uno sguardo in una questione di tale entità, spontaneamente dovrebbe nascere una domanda, che è poi il titolo dell’articolo. La Cina è davvero una minaccia (militare) oppure è un grande bluff o comunque un attore non così tanto forte come lo si crede?


Per rispondere a questa domanda, ci si deve concentrare su quello che, da più parti[1], viene indicato come il mezzo a cui la Cina si affida e si affiderà per proteggere i suoi interessi globali, ovvero le Forze Armate, da interessi però non solo nella sua componente di terra, Forze di terra dell'Esercito Popolare di Liberazione ( detta Zhōngguó Rénmín Jiěfàngjūn LùjūnP), ma anche nella sua componente di mare ovvero la Marina dell'Esercito Popolare di Liberazione (Zhōngguó Rénmín Jiěfàngjūn Hǎijūn) e quella aerea, cioè la Forza Aerea della Cina (Zhōngguó Rénmín Jiěfàngjūn Kōngjūn).


I soldati cinesi urlano il loro grido di battaglia mentre il presidente cinese Xi Jinping ispeziona le truppe dell'Esercito popolare di liberazione (EPL) di Hong Kong (30 giugno 2017).

Lo sviluppo degli strumenti militari e il loro impatto


Seguendo dunque questo (piccolo) filone di sviluppo, addentriamoci nel nocciolo della questione, chiedendoci quali sono gli strumenti con cui possiamo valutare l’impatto e la consistenza delle Forze Armate cinesi? Non esiste ovviamente un singolo fattore ma un insieme di scelte e di dati che possono dare un quadro generale e completo sulla situazione. In questo insieme si dovrebbe evidenziare l’importanza di due percorsi intrapresi da Pechino cioè da una parte la grande riforma di quasi tutte le forze armate ed ovviamente, in seconda battuta, le consistenti quote di budget che il Governo cinese sta immettendo nel settore della Difesa. Se pertanto gli investimenti e gli ammodernamenti dell’apparato militare si stanno portando avanti, allo stesso tempo organizzativo è altrettanto interessante notare come la riorganizzazione sembra aver studiato (e imparato) dalle lesson learned americane nei teatri in cui l’esercito degli Stati Uniti è stato coinvolto nell'ultimo decennio e non solo, cercando così di dotare il Paese asiatico di uno strumento più flessibile (sono stati indicati tagli per 300 mila effettivi e forse ne sono previsti altri per il prossimo futuro) oltre che un possente rafforzamento della politica sull'intero strumento militare. Quello che deve interessare sono poi gli sviluppi portati dalla Cina non tanto sull'Esercito, la Forza Armata che da sempre deve lo strumento prediletto di una potenza continentale (esempi simili sono Napoleone oppure l’esercito della Germania guglielmina prima o quella sotto il Terzo Reich durante la II G.M), ma al potenziamento e riqualificazione della Marina e dell’Aeronautica. L’Aviazione cinese, infatti, sta anch'essa subendo aggiornamenti e riqualificazione importante e quindi che deve essere tenuto in considerazione.

Sottolineare il binomio Marina e Aeronautica è essenziale e ci ricollega al concetto delle lesson learned studiate dalla Cina. Gli Stati Uniti hanno infatti appreso quanto sia fondamentale l’essere una potenza talassocratica, cioè una potenza con una forte componente aereo-navale costantemente impegnata e diffusa in tutto il globo, nel momento in cui si hanno interessi globali e la Cina non può essere da meno. Anche sotto questa luce si deve leggere, pertanto, il continuo braccio di ferro nel Pacifico e il necessario “pivot to Asia” attuato dall'ex presidente americano Obama.


Nell'equazione, infine, non è stata inserito, l’impatto dell’avanzamento tecnologico, e dunque della modernizzazione di tutti gli apparati militari delle Forze Armate, sugli uomini che compongono i ranghi delle componenti militari così come la parte e l’esistenza del dominio cyber (tema centrale della prima puntata del podcast TALK, N.d.R.). Non ci si vuole dilungare eccessivamente sotto questi aspetti ma risultano di per se stessi importanti e centrali nella costruzione delle nuove Forze Armate cinesi.


Dove si trova dunque il bluff o la difficoltà?


Dopo aver esposto tutte queste azioni (trattate senza la pretesa di andare a scavare alla ricerca di un dettaglio fine a se stesso)[2], bisogna però concentrarsi ora sugli aspetti meno compilativi e di puntiglioso elenco di aggiunte capacitative della componente militare. Bisogna cioè ragionare su due concetti: il primo riguarda la differenza tra imitazione e innovazione mentre il secondo concetto riguarda il gap esistente oggi tra gli Stati Uniti e la Cina, con particolare riguardo all'esperienza sul campo.

Iniziamo da quest’ultima osservazione. Se infatti si volesse affermare qualcosa riguardo alle Forze Armate americane, sicuramente si potrebbe affermare che queste ultime sono abituate e hanno (o stanno) operando praticamente da più di settant'anni in quasi ogni parte del globo oltre al fatto che hanno potuto esercitare e rafforzare la loro talassocrazia e la loro egemonia militare sul globo. Sulla Cina pesa ovviamente il fatto di uscire soltanto ora dai suoi confini e le postazioni cinese (come per esempio quella a Gibuti) sono in aggiunta a basi americane già presenti e/o in territorio o vicino ad alleati degli Stati Uniti, con quest’ultimi comunque sempre presenti. La Cina è infatti circondata, letteralmente, da alleati americani (India, Filippine, Taiwan, Vietnam, Australia, Giappone, Corea del Sud, Indonesia e altri, n.d.r.) che sentono sempre di più la pressoché costante minaccia dell’espansione cinese la quale, a sua volta, vuole ritagliarsi il suo spazio utile a farla sentire sicura. Così infatti si devono leggere le azioni volte a militarizzare e cementificare, se necessario, isole e/o atolli nel pacifico cioè, in definitiva, da una parte ottenere uno spazio consono alle dimensioni economiche e geopolitiche che sta acquisendo il Paese e dall'altra parte, questo spazio diventa un’efficace difesa del proprio territorio.

La diffusa presenza americana e i boots on the ground risultano essere aspetti che non si possono considerare nel momento in cui si stila un report o un articolo ma sono parte del bagaglio culturale, organizzativo e pratico dei soldati e delle strutture e dei comandi militari, parte che si rivela poi fondamentale qualora si venisse chiamati ad operare su un terreno che già si conosce o sul quale si è già combattuto. Per semplificare e concludere il pensiero, sul concetto di presenza diffusa e esperienza maturata sul campo, un parallelismo. La Cina, sotto questo aspetto, può essere assimilabile a quel soldato giovane ed inesperto della Prima guerra mondiale che è appena arrivato nella trincea mentre gli Stati Uniti sono il fante che già da diverso tempo sta combattendo in prima linea. Benché dunque il primo soldato copierà o imiterà il secondo, prima o poi questo alzerà troppo la testa e diverrà bersaglio del cecchino che, appostato, non aspettava altro che la recluta inesperta.

Per quanto invece attiene all'altro aspetto, ovvero alla differenza tra imitazione e innovazione, si deve osservare che la Cina sembra ancora abbastanza distante. L’industria militare (e di conseguenza anche l’evoluzione tecnologica militare) è differente dal mercato industriale e commerciale civile. L’accesso a tecnologica militare prima sovietica e poi di parte di quella americana, via Israele e altri Paesi, ha portato sì risultati evidenti e miglioramenti qualitativi sull'armamento militare ma, per certi aspetti, non sembra aver raggiunto una perfezione, o meglio, un livello qualitativo pari a quello dei sistemi maggiormente tecnologici e performanti come quelli americani per esempio. E qui sì che si entra appunto nella differenza tra imitazione e innovazione, che non sono ovviamente la stessa cosa. Fino ad oggi, al presente, da quello che si può capire, la Cina sembra essere indietro ed è per questa ragione che si affida da un alto all'imitazione e dall'altro lato allo spionaggio cibernetico per poter in qualche modo essere più vicino al potenziale americano oppure addirittura alla pari. Sicuramente, questo gap viene colmato con il numero e per il momento la massa sembra essere sufficiente, date le dimensioni dell'EPL.



Conclusioni


Si può dunque rispondere al quesito posto all'inizio di questa analisi?


Per il momento sembra meglio sospendere il giudizio poiché non vi sono sufficienti dati per poter dare una risposta più “sicura” dell’altra. Se infatti ponderiamo da una parte il gap tecnologico da una parte e l’esperienza operativa possono differenziare con un solco profondo tra i due grandi protagonisti. Chiaramente si sta parlando di una superpotenza da un lato (gli Stati Uniti) ed una nascente potenza (la Cina) quindi di grandezze e strategie, potremmo anche maliziosamente affermare, inarrivabili per realtà non grandi come le loro.

Quello che sicuramente deve essere centrale è la centralità di quella differenza che appunto separa l’imitazione dall'innovazione, cioè da quella che può consistere nella “perfezione di gamma” dello strumento militare. Gli Stati Uniti possono dunque ancora essere definiti coloro che sono egemoni a livello militari in quanto a mezzi tecnologicamente superiori ed esperienza operativa, affermando anche con sicurezza che tale primato durerà ancora una decina, ventina d’anni.

Tuttavia, si deve precisare che le minacce, al giorno d’oggi non solo soltanto portate dallo strumento militare vero e proprio, ma da molteplici forme e tramite differenti mezzi. Il controllo delle terre rare, così come l’alto tasso id indebitamento di Paesi asiatici e africani nei confronti della Cina sono, ad esempio, mezzi di pressione mezzi che possono poi diventare armi o minacce credibili. Non si sono toccate dinamiche economiche e finanziare, come per esempio il sempre maggiore tasso di crescita del debito cinese, già accennato in un precedente articolo, ma anche queste dinamiche esistono e sono da inserirsi nel quadro generale d’insieme.


Dunque, per concludere, il giudizio deve essere sospeso, in attesa del prossimo futuro a meno che non si voglia sostenere un soggetto piuttosto che un altro, con però il rischio di cadere su posizioni più ideologiche e senza avere credibili dati a sostengo della propria previsione.


Un ultimo e curioso parallelismo. La configurazione della crescente frizione tra gli Stati Uniti e la Cina sembra essere parallela alle vicende che portarono poi allo scontro Atene e Sparta, facendo cioè ricadere gli Stati attuali sotto quella che si definisce la “trappola di Tucidide”. Quest’ultimo spunto viene però lasciato da solo, in conclusione di quest’analisi, con la promessa che sarà trattato in una puntata di TALK, il podcast di Infosec Monitor, in un futuro non troppo distante. Ma il parallelismo non si limita soltanto a quello "cittadino" e degli schieramenti (Atene e la lega delio-attica contro Sparta e la lega peloponnesiaca) ma anche al terreno di incontro-scontro dei due contendenti, ovvero quello navale e aereo-navale. Questi ultimi due sono e saranno pertanto i settori da studiare e da osservare con attenzione perché sarà poi su questi che ci si baserà per avanzare le nostre future previsioni nel momento in cui il giudizio non sarà più sospeso.






[2] Per gli interessati e i curiosi si consiglia la lettura di: Perché l’esercito cinese fa paura agli Usa, disponibile al seguente link: http://sicurezzainternazionale.luiss.it/2018/08/19/perche-lesercito-cinese-paura-agli-usa/ e di Il confronto tra le forze armate della Cina e degli Stati Uniti, disponibile qui: http://www.occhidellaguerra.it/confronto-le-forze-armate-cina-stati-uniti/.

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