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Massimiliano Serafini

Opinione pubblica tra politica e information warfare

Esperti di tale argomento, e tra questi Giorgio Grossi, autore di “L’opinione pubblica”[1], hanno legato il concetto di Opinione Pubblica (OP) al processo di costruzione e sviluppo della forma di governo democrazia e della tecnologia dei mezzi di comunicazione. L’aggettivo «pubblica» non di meno lega indissolubilmente il concetto di OP alle democrazie moderne per il fatto che ora si è cittadini – con tutto ciò che dalla cittadinanza deriva – di uno Stato e non più sudditi di un Re.


Tra Politica e Information Warfare (IW)

Karl Von Clausewitz nel suo scritto[2] enuncia la subordinazione della guerra alla Politica e che la guerra porta avanti, con altri strumenti, gli obbiettivi imposti dalla Politica. Anche Sun Tsu[3] espone l‘importanza della conoscenza di tutti gli aspetti legati alla guerra, quindi l’importanza del possesso delle informazioni, da cui deriva il vantaggio strategico e tattico di una parte rispetto ad avversari e obbiettivi. In Politica poi, l’esito della battaglia per imporre la propria volontà – in un sistema basato su regole democratiche – viene influenzato dal cosiddetto «clima politico» e da altri elementi di cui prenderemo visione in seguito.

Così Politica e IW hanno radici che affondano ben lontane nel tempo, da quando esso è caratterizzato da attività umane complesse. L’Analista Militare, Giornalista e Professore Franco Iacch[4] apre il suo articolo, “Information Warfare e Fake News: il dominio cognitivo di massa[5] su Il Giornale.it, così:


La maggior parte dei civili non è preparata psicologicamente ad operare in un clima di Information Warfare e Fake News.”[6]


L’affermazione è senz’altro vera e non serve portare dati scientifici a supporto di ciò. Esempi quotidiani di sfiducia nelle fonti autorevoli e di disinformazione ci vengono forniti in ogni momento attraverso la rete. La digitalizzazione e il progresso tecnologico – in generale e nello specifico campo delle comunicazioni – hanno reso il trasferimento di informazioni istantaneo, sottoponendo così gli individui ad un numero incalcolabile di informazioni da processare e valutare. Con ovviamente un punto di vista “militare” – più calcolatore e previsionale – Franco Iacch parla di IW, attacchi IW, Fake News e OP, esponendo il pericolo di una formazione distorta della realtà a cui la maggior parte degli individui sono sottoposti costantemente. Nel paragrafo introduttivo ne fa un ottimo riassunto, motivo per cui è più opportuno lasciare la trattazione della parte della IW, con i suoi tecnicismi, all’articolo dell’autorevole Franco Iacch: «Sarebbe opportuno rilevare che l’Information Warfare non è un’attività limitata al tempo di guerra. La guerra informativa-psicologica (che si discosta da quella prettamente informatica utilizzata in tempo di guerra) è costantemente in corso a prescindere dallo stato di relazioni con l’avversario. É quindi una forma di guerra globale con l’obiettivo di trafugare, interdire, manipolare, distorcere o distruggere le informazioni tramite tutti i canali e metodi disponibili. L’Information Warfare è il punto di partenza di ogni guerra ibrida in cui si fa ampio utilizzo dei mass media e delle reti informatiche globali[7]


Con lo scopo di fare chiarezza e colmare il vuoto concettuale che si è lasciato su tale argomento, qui di seguito ci concentreremo su una analisi più approfondita dell’OP poiché, nell’articolo sopracitato, essa è solo una comparsa rispetto all’argomento trattato e per tale motivo viene utilizzata la sua definizione più superficiale.


L’opinione pubblica

Cosa sia una «opinione» è chiaro alla maggior parte dei lettori, ma per ragioni di chiarezza espositiva partiamo da una definizione:


«δόξα: (opinione, credenza) Nella gnoseologia greca classica, il termine è usato per designare quella forma di conoscenza che, basandosi sull’opinione soggettiva, non possiede la certezza obiettiva della verità[8]


Più interessante per noi però è il periodo a cavallo tra il XVII e XVIII secolo durante il quale, a detta di alcuni autori, viene formalizzata e pubblicata per la prima volta l’espressione «opinione pubblica» da parte del filosofo Rousseau e dal politico Necker[9]. Un periodo di transizione contraddistinto dalla Rivoluzione Industriale, prima, e dalla Rivoluzione Francese, dopo, nel quale viene abbandonato l’Ancien Régime a favore del nuovo modello stato-nazione, ispirato a sistemi di governo liberal-democratici, maturato dalle dinamiche sociali e dalle istituzioni dell’emergente società di massa. A ciò segue una cronologia[10] di cinque eventi – ritenuti esemplificativi e rilevanti – nei quali si presenta, di volta in volta, una OP sempre un po’ più allargata, concreta e consapevole della propria esistenza:


1) Affare Alfred Dreyfus: ritenuto dagli esperti il primo esempio di campagna di opinione pubblica promossa attraverso la pubblicazione della lettera di denuncia “J’accuse” sul quotidiano ‹‹Aurore›› (1898) dell’intellettuale Émile Zola[11];


2) George Gallup contro la rivista Literaly Digest vince la scommessa di prevedere con successo l’esito delle elezioni presidenziali americane del 1936 tra Roosevelt e Alfred M. Landon, lo farà tramite lo strumento del sondaggio[12];


3) Elezioni presidenziali americane ma del 1972, scandalo Watergate: tramite la ricerca di Engel & Lang[13] gli sforzi dei giornalisti Carl Bernstein e Bob Woodward, del quotidiano Washington Post, portano avanti «battaglia per l’opinione pubblica» contro il presidente, poi dimissionario;


4) Governo Berlusconi, Luglio 1994, a ridosso dello scandalo «Tangentopoli»: ad un istituto di ricerca viene commissionato un sondaggio sul decreto Biondi (74% favorevoli). Alla notizia dell’emanazione del decreto però, l’azione congiunta di Magistratura, opposizioni, Stampa e altri soggetti del dibattito pubblico trasformano il decreto Biondi nel decreto «salva ladri», poi ritirato;


5) USA, 20 Marzo 2003, G. W. Bush da avvio al piano di guerra preventiva contro l’Iraq di Saddam Hussein: la mobilitazione è generale, le opinioni pubbliche europee e di altri stati nazionali si attivano in segno di protesta, definita dal New York Times come Opinione Pubblica Mondiale, in quanto quello che è un singolo evento ha generato un’agitazione diffusa di portata mondiale.


L’OP, e il suo esercizio, vanno posti quindi all’interno della società moderna. Due visioni della modernità – una legata alla scienza e ragione, l’altra legata ai sentimenti e alla parte irrazionale di noi stessi – generano due visioni complementari e distinte dell’OP, come fosse una moneta. Si parla cioè di definizioni dicotomiche:


· Emancipazione / Controllo: appartenenza e partecipazione – definite positivamente o negativamente a seconda della natura della motivazione – questa coppia di termini inquadra le dinamiche di inclusione sociale in gruppi;


· Etero / Autodirezione: rapporto rispettivamente tra governanti / governati, OP come strumento di mediazione con la politica o come strumento di controllo del suo esercizio;


· Oggettivazione / Soggettivazione: strutture fisiche-materiali, istituzionali e tecnologiche – quindi dove, come e con quali mezzi si attua la democrazia che potremmo definire come le regole del discorso pubblico – in contrapposizione al sentimento, ai valori che si sentono dentro e si attribuiscono alla democrazia e alle libertà che ha concesso.


Il rapporto tra opinione pubblica e democrazia

Dopo aver parlato dell’OP più in generale, vediamo ora come l’opinione pubblica possa influenzare la democrazia, attraverso anche l’evoluzione storica della democrazia come forma di governo.

Come primo passaggio però, dobbiamo trovare una definizione iniziale di democrazia. Possiamo allora intendere la democrazia come quella forma di governo che, attraverso le varie forme di mediazione della rappresentanza, basa il suo potere sul consenso e sulla legittimazione del popolo stesso che si esprime mediante il voto e le opinioni.

Mantenendo la metafora della moneta, prima citata, per quanto riguarda l’OP abbiamo, da un lato, la visione liberal-democratica, che inquadra lo scopo dell’utilizzo della OP come chiave del processo democratico, come istanza tra popolo e potere legislativo. Dall’altro lato invece troviamo la visione illuminista, che attribuisce all’OP e al suo utilizzo da parte di intellettuali uno scopo educativo, verso il popolo, e critico, verso le istituzioni. Dall’altra parte dell’oceano i padri fondatori americano hanno affrontato lo stesso problema: Madison, con la sua visione elitista, voleva controllare la massa. Jefferson invece, con la sua visione populista, affermava che l’OP doveva provenire dal basso, dal popolo, per legittimare quella forma di governo che si erano scelti. Il mercato sempre più globale e la società di massa porteranno ad uno cambio di prospettiva, arrivato anche grazie a due autori che hanno condotto ricerche sulla versione democratico-populista della democrazia americana. Il primo autore è Alexis de Tocqueville che denuncia, in “La democrazia in America” (1840), il modello del «governo della maggioranza» che a lungo andare produce effetti negativi, quali per esempio la «tirannia della maggioranza» e il «conformismo di massa». Il secondo autore è James Bryce che, in “The America Commonwealth” (1888), mette a confronto il funzionamento dell’opinione pubblica nella democrazia Europea ed in quella Americana, e scopre che, mentre in Europa è la classe benestante e colta a fare opinione, in America la volontà del popolo arriva a prevaricare quelli che sono gli organi legislativi preposti fino ad una estrema ipotesi di «governo dell’opinione pubblica».


OP e sfera pubblica: l’origine dell’OP, mercato e mass media

Prima di proseguire nella trattazione, risulta necessario definire quello che si intende come sfera pubblica. La sfera pubblica risulta essere un insieme costituito da strutture materiali, strutture legislative, soggetti, interessi di parte, proprietà momentanee del periodo e del luogo in cui si agisce, modi di fare e comunicare, insieme a tutta una serie di dinamiche sociali ed altri elementi. Tutto questo può apparire eccessivamente complicato, ma contrariamente a quanto si pensi, tutto questo è parte integrante della nostra esperienza quotidiana, a tal punto che neanche ci accorgiamo della sua presenza.

La progressione della spiegazione, in direzione materialista, ci porta a parlare di mercato e media. Dinamiche di mercato e merci, infatti, sono la base del nuovo sistema produttivo e la circolazione delle merci va di pari passo con la circolazione delle notizie a tal punto che, dopo l’invenzione della stampa, si genera una nuova porzione di mercato interamente dedicata alle notizie ed alle informazioni. Con il susseguirsi di nuovi supporti tecnologici e logiche commerciali, il modo di informarsi è cambiato – prima tramite carta e dibattiti nei luoghi di aggregazione – ed il raggio d’azione si è sempre più ampliato, contribuendo così ad abbattere l’analfabetismo. Thompson[14] definisce questo cambio, dalle prime forme di recezione delle notizie (i giornali cartacei) ai nuovi, con il termine di «quasi-interazione», perché al giorno d’oggi viene a mancare il dialogo tra due o più individui che caratterizzava il precedente rapporto «faccia-a-faccia» e, di conseguenza, il tempo e il luogo dell’informazione cambiano trasformando quelli che prima erano degli attori in un pubblico passivo.


Sfera pubblica contaminata: da asimmetria informativa a dimostrazione del ruolo attivo dei media.

New media internet e social network si presentano oggi tra i primi mezzi attraverso cui si informano i giovani e i giovani-adulti, ma non superano ancora la potenza comunicativa della televisione, la quale viene utilizzata comunque dalla maggior parte degli stessi giovani e dalla della popolazione come primo mezzo per informarsi[15].

Ilvo Diamanti, durate le sue lezioni, era solito paragonare i filtri, cioè le distorsioni informative, a delle lenti, attraverso cui viene riportata l’informazione originaria, le quali, di volta in volta, cambiano la nostra prospettiva e la qualità di quello che riusciamo a percepire con i nostri occhi. Le agenzie di informazione sono infatti il primo grande filtro che si frappone tra la verità dei fatti e la percezione degli stessi da parte del pubblico. La realtà viene filtra numerose volte prima di essere percepita dallo spettatore e le notizie sono soggette a modifiche da parte dell’agenzia, del mezzo, del giornalista, della presentazione, dei commenti, dei propri gusti e delle proprie prerogative ideologiche. Il prodotto finale, da vendere poi su larga scala, diventa dunque un insieme di informazioni rimaneggiate.

L’OP, o «modo di pensare collettivo», «somma delle opinioni individuali», «maggioranza stessa», si arricchisce così delle caratteristiche sopracitate e mostra tutta la sua impercettibile complessità nelle dinamiche di inclusione, di informazione, di influenza, di denuncia, di controllo, che dirigono i rapporti tra governanti e governati, tra media e pubblico, tra attori attivi e passivi in modo bidirezionale.

Il processo di formazione delle opinioni, detto opinion building, si presenta pertanto come «uno stato di cose che si evolve e si modifica secondo logiche interne e compatibilità esterne, che implica una varietà di fasi o stadi, una pluralità di attori, un esito finale che deriva da diversi contributi di natura transattiva, interattiva e il cui significato tuttavia non è riposto solo nel risultato conclusivo, ma deve tenete conto dei vari passaggi e delle diverse intermediazioni»[16]. [..] «Non è solo definito da un insieme di routine più o meno formalizzate […], ma è anche il risultato di rapporti di potere cognitivo e simbolico presenti nella società»[17]. In aggiunta, potremmo precisare che «La costruzione personale è lo stadio in cui gli individui prendono in considerazione le cose, le interpretano e costituiscono significati soggettivi e privati degli oggetti politici. La costituzione sociale è lo stadio dell’espressione pubblica delle opinioni private […]. La costituzione politica è lo stadio che collega le opinioni di gruppo, le opinioni popolari e di massa alle attività dei pubblici ufficiali (connessi alle funzioni esecutive, legislative, amministrative e giudiziarie)»[18]

Semplifichiamo un po’ queste definizioni accademiche con un esempio e prendiamo in considerazione un soggetto attivo, uno strumento mediale, una notizia e un pubblico.

Si prenda una notizia[19] [20]: un leader politico – inteso come mediatore di opinione o opinion maker – cavalcherà l’onda della notizia in questione presentandola in base ai suoi interessi di parte. La trasmissione televisiva di turno, poi, manderà in onda le dichiarazioni – filtrate e revisionate dalla propria redazione. L’individuo – il soggetto passivo – interpreterà la notizia (con due livelli di filtri) nel suo privato e il confronto di quest’ultimo con un pubblico più allargato genera una Opinione Comune/Allargata che, inserita nel dibattito pubblico mediato, va a formare la OP.


Di seguito una rappresentazione grafica di ciò che accade nel complesso:


[21]

[22]

Alcune teorie (conclusive) sull’OP

Nelle precedenti pagine è stato riportato il significato di OP, con alcuni accenni anche alle sue implicazioni nella democrazia moderna e nel contesto sociale dei nostri giorni.

Di seguito, invece, vorrei riportare alcune teorie che si sono generate intorno a questa definizione con l’intento di testimoniare quanto possano essere concreti i pericoli originati da una errata valutazione della realtà.


Walter Lippmann: la formazione ‹‹distorta›› dell’opinione pubblica (New York, 1922). Il volume “Public opinion” diverrà famoso per essere la prima concettualizzazione teorica dell’OP. La peculiarità dell’opera è di essere stata scritta proprio negli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale. Lippmann ci mette in guardia da due concetti caratteristici del suo tempo, cioè la «propaganda politica» e la «nazionalizzazione delle masse. L’opinione ha una base cognitiva razionale che genera le «immagini» della realtà sociale, ma nel XX secolo la gran parte della realtà che le persone percepivano passava attraverso i mass media, i quali come un filtro, la distorcono. Ciò accade perché nella società post-bellica caratterizzata da propaganda politica, stampa giornalistica, manipolazione, egocentrismo e interessi il rapporto tra cittadini e politica è intasato da una moltitudine di attori con i propri tornaconti. La risultante è una opinione, vittima delle pressioni della propaganda, che l’autore definisce «stereotipata» per la rappresentazione parziale, semplifica e mediata che fornisce della realtà.


Jurgen Habermas: L’opinione pubblica come «discussione critica». Fine degli anni Cinquanta, periodo di ricostruzione e di boom economico in cui George Gallup introduce lo strumento del sondaggio; Habermas con atteggiamento positivo sostiene il ruolo divulgativo, e quindi di inclusione del pubblico nella «discussione critica», dei media, e con atteggiamento negativo critica il potere e la leadership per la natura autodiretta che deve avere il fenomeno di opinion building. Contrariamente, la formazione eterodiretta della OP porterebbe ad una deriva antidemocratica.


Niklaas Luhmann: L’opinione come riduzione della complessità. Luhmann va in contrapposizione ad Habermas con la pubblicazione del proprio paradigma “L’opinione pubblica” in “Stato di diritto e sistema sociale”; guadagna notorietà nelle tradizioni di analisi empirica delle dinamiche di opinione e dell’impatto dei media sugli atteggiamenti. Visione pessimista, OP come «variabile dipendente» dell’azione comunicativa della politica, «strumento» o «procedura» per la riduzione della complessità sociale, «struttura tematica della comunicazione pubblica» in quanto strumento di selezione degli argomenti. Modalità comunicativa che ha lo scopo di ridurre l’insicurezza, ordinare i processi di agenda-building di media e leadership e rendere istituzionali in modo pubblico quelli che sono i punti di contatto tra governati e governanti in una dinamica concentrata sul consenso e sull’approvazione.


Elisabeth Noelle-Neumann: L’opinione pubblica come conformità sociale. 1984, “The spiral of silence: public opinion, our social skin’’ in merito al fenomeno della «spirale del silenzio»: fenomeno sociale ma soprattutto «evento socio-psicologico che si basa sulla paura di isolamento» degli individui nel loro ambito sociale. L’autrice attribuisce all’OP una funzione «conformista» e di «controllo sociale» in accordo con l’interpretazione classica della fashion law[23] di Locke.


Irving Crespi[24]: il processo tridimensionale dell’opinione pubblica. Nella sua ricerca[25], nota ai più per lo spiccato approccio operativo e schematico, spiega il proprio modello di opinione pubblica con il fine di manifestare in termini il più semplici e comprensibili il livello di complessità raggiunto dallo studio sulle dinamiche di opinione nel XX secolo.




Tutte queste parole e definizioni non sono senza scopo. Questi studi sono stati portati avanti per risvegliare la consapevolezza del caos in cui viviamo, per sviluppare uno spirito di osservazione oggettivo. Una percezione distorta, che riguardi argomenti di poco conto o questioni di sicurezza nazionale, porta con sé delle conseguenze: nella mia tesi[26] di laurea mi occupo in maniera specifica di «immigrazione» e vi sono interessanti conferme di quanto sia distante, negli anni passati, la percezione dell’OP italiana dalla realtà.



 


[1]Grossi G. (2011), L’opinione pubblica, Editori Laterza, 2004.

[2] Karl Von Clausewitz (1970), Della guerra, traduzione di Ambrogio Bollati ed Emilio Canevari, Mondadori.

[3] Sun Tzu (1994), L'arte della guerra, traduzione di Riccardo Fracasso, Newton.

[4] Franco Iacch: analista militare, giornalista presso “Il Giornale” e “Gli occhi della guerra”. Professore presso SFORGE (Scuola di Formazione nella Gestione delle Emergenze) dove tiene un corso sull’evoluzione dell’IED. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il profilo LinkedIn ( https://www.linkedin.com/in/franco-iacch-0308a6106/ ).

[6] Ibidem

[7] Ibidem

[8] Definizione tratta dalla Treccani. Disponibile al seguente link: http://www.treccani.it/enciclopedia/doxa/

[9] “Secondo alcuni autori è stato Rousseau, intorno al 1744-50, ad usare per la prima volta il termine ‹‹opinione pubblica›› in senso moderno (cfr. Noelle-Neumann 1984). Secondo altri questa primogenitura va invece attribuita a Necker, ministro delle Finanze di Luigi XVI, qualche anno dopo, nel 1787 (cfr. Yeric & Todd 1983; Lazar 1995).” Grossi G. 2011.

[10] Grossi G. 2011

[11] “Capitano dell’esercito francese di origine ebraica fu al centro di un clamoroso processo di spionaggio a favore della Germania, con la conseguente degradazione che avvenne pubblicamente secondo un rituale militare particolarmente avvilente (1894). Ma la campagna innocentista avviata da Zola sulla stampa porterà alla concessione della grazia (1899) e poi alla riabilitazione (1906) dello stesso Dreyfus.” ivi, p. 7, nota 7.

[12] “Gallup, come i colleghi Roper e Crossley, proveniva dal mondo delle ricerche di mercato e voleva trasferire le tecniche statistiche di campionamento, che lì venivano già usate, alla misurazione della pubblica opinione. Fino ad allora negli Stati Uniti venivano utilizzati i cosiddetti straw polls (sondaggi di paglia) che erano per lo più promossi dalla stampa tra i propri lettori: si trattava di pseudo-sondaggi in quanto coloro che rispondevano – in genere per posta – non costituivano un campione né rappresentativo né casule della popolazione (Barisione & Mannheimer 1999).” Ivi, p. 9, nota 10

[13] Pubblicata nel volume The battle of public opinion. The president, the press and the polls during Watergate (1989).

[14] J. B. Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità. Una teoria sociale dei media, Il Mulino, 1998

[15] Elaborazioni dell’Autorità su dati Gfk Eurisko (2010) e SWG (2015). Fonte: AGCOM

[16] Grossi G., op.cit.

[17] Ibidem

[18] Nimmo D. (1978), Political communication and public opinion in America, pp. 9-10, Goodyear Publishing Company, Santa Monica.

[19] Downs A., Teoria del ciclo di vita dei temi. Up and down with ecology: the issue-attention cyrcle, in ‹‹Public Interest››, 28, pp. 38-50, (1972)

[20] Luhmann N., Primato dei temi sulle opinioni e Stato di diritto e sistema sociale, Giuda, Napoli, 1978

[21] Figura 1 – Il campo demoscopico (I). Primo e secondo livello: i 3 referenti e le 4 opinioni. Fonte: Grossi G. (2011), L’opinione pubblica, Edizione Laterza, 2004.

[22] Figura 2 – Il campo demoscopico (II). Terzo livello: i 3 dispositivi. FONTE: Grossi G. (2011), L’opinione pubblica, Edizione Laterza, 2004.

[23] John Locke nel testo Due trattati sul governo del 1690 fa riferimento a tre tipi di leggi che governano la società: la legge divina, la legge moderna o civil law e la «legge del costume», appunto fashion law, con la quale indentifica il potere di controllo sui comportamenti per il mantenimento di una buona reputazione nell’ambito della pubblica società.

[24] La vita di Irving Crespi è intimamente collegata allo studio dell’opinione pubblica: sondaggista, professore e ricercatore di mercato, associato alla Gallup Organization, ha fatto parte dell’American Association for Public Opinion Research nel 1976-77, è stato presidente della World Association for Public Opinion Research e tra le tante altre attività ha lavorato per U.S. Air Force Intelligence fino alla Guerra di Corea.

[25] Crespi I. (1997), The public opinion process: how the people speak, Lawrence Erlbaum Ass., Mahwah-London.

[26] Serafini M. (2017), “Immigrazione reale e percepita - indagine per scoprire le cause sulla percezione falsata del fenomeno”, UniUrb, Urbino.

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