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  • Immagine del redattoreMarco Cencio

Ambiente, clima, sicurezza e futuro: alcune considerazioni



Non si è mai parlato, se non per brevi cenni, dell'ambiente e del climate change su Infosec Monitor e si vuole sfruttare il recente vertice delle Nazioni Unite e la giornata di oggi, con le manifestazioni del #fridayforfuture,come incentivo ad iniziare una breve riflessione in merito (seppur generale per questione di tempo, N.d.A.).


Si deve quindi affermare senza paura, come prima considerazione, che l'argomento è tra i più complessi, sfaccettati e che non si può non considerare il problema ambientale di tutti e che interessa o interesserà ogni luogo. In aggiunta, deve essere evidenziata anche l'estrema semplificazione, approssimazione e carica ideologica con cui si approccia l'argomento al giorno d'oggi.


Il recente rapporto[1] dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) restituisce un’immagine in peggioramento della situazione globale delle acque e sul sito si possono trovare una lunga serie di rapporti precisi, noiosi da leggere magari, ma che descrivono tutti gli impatti ambientali[2].


Come, dunque, parlarne e soprattutto come porre il problema?


Il punto di partenza è e deve essere l'uomo, il contesto in cui è inserito e il suo stile di vita, approcciandoci all'analisi con una forma mentis scevra di cariche ideologiche estreme. Non ci si può dunque fermare al proclama ma si devono portare progetti e soluzioni credibili e realizzabili per il contesto in cui agiamo. Le soluzioni estreme come il parlare di emissioni zero, di abbandono della vecchia tecnologia o dei viaggi aerei in un lasso di tempo breve o brevissimo sono dannose per il discorso e allontanano la soluzione del problema anziché avvicinarla.


Le soluzioni devono appunto partire dal contesto e dall'uomo, ipotizzando una transizione sostenibile per tutte le fasce di cui una società si compone.


Il termovalorizzatore, se vogliamo parlare dell’aspetto energetico per esempio, potrebbe rappresentare un passo in avanti costoso ma che si ripaga nel lungo tempo e che può andare a beneficio anche del costo della luce elettrica. Non sarà però a emissioni zero in quanto si avrà sempre uno "zero virgola" di emissioni[3]. L'energia che si può ricavare dai rifiuti è appunto un'azione, un passo, una transizione.



L'energia nucleare, tanto mal vista e con il grosso problema delle scorie, poteva essere un altro elemento di transizione che alleggerirebbe anche la dipendenze italiana dall'energia prodotta all'estero e creerebbe posti di lavoro. Si stanno, inoltre, studiando metodi per smaltire il plutonio o per rigenerarlo al fine di riusarlo e di dare maggior tempo agli scienziati di capire come smaltirlo[4].


Accenniamo alla desertificazione ed all'eccessivo sfruttamento del suolo, fenomeno che potrebbe interessare anche le regioni meridionali della nostra penisola.


L'avanzata di terreni eccessivamente sfruttati e portati poi ad essere terra brulla, sono una delle cause che spinge migliaia di persone a fuggire da terreni inospitali per poter andare a vivere in zone più vivibili e il ridurne l'espansione ed anzi la sua riduzione, potrebbe portare ad alleviare il fenomeno migratorio. Un progetto interessante quello descritto da un articolo dal Time[5] e che parla della "grande muraglia verde" che si sta piantando nel Sahel e che sarà terminata nel 2030. Questo progetto parte da un concetto elementare ma fondamentale ovvero che gli alberi e l'erba creano foraggio per le mandrie e gli allevatori non devono più viaggiare e depredare, nella stagione secca, i pochi fili d'erba e gli alberelli che trovano ma anzi, da zone recintate e controllate ricavano il foraggio che serve loro e che poi si rigenera nel corso della stagione delle piogge. Tale semplice impatto sulle vite di intere famiglie va poi ad intaccare i guadagni dei nuclei famigliare ed anche gli investimenti su strutture scolastiche e sullo studio dei figli. L'articolo, disponibile nelle note, è sicuramente più esaustivo di questo breve riassunto.


Conclusione


I pochi e piccoli esempi portati all'attenzione di chi legge, vogliono mostrare la varietà ed a volte anche la semplicità di azioni che si possono intraprendere, o meglio, su cui si può fare lobbying per far sì che la classe politica agisca in tal senso e che sia la stessa classe politica che in prima persona spieghi alla società il perché e il come si vuole andare verso una "politica verde" la quale ha un altro importante risvolto: un costo spesso elevato che andrà ad incidere sui bilanci delle famiglie, delle imprese e dello Stato.

In un tempo di bilanci stretti bisognerebbe quindi prediligere azioni che non pesino eccessivamente sulle famiglie sotto una certa soglia di reddito al fine di evitare manifestazioni sullo stile dei gilet jaunes francesi ma che permetta prima a loro di concepire e spingere per un miglioramento delle politiche ambientali per, sul lungo periodo, avere minor costi sanitari e energetici. La ricerca tecnologica può essere una strada che metterà a disposizione dispositivi che consumano meno, prodotti resistenti e sostenibili, coniugando crescita economica, aumento della produttività e tutela ambientale.

Nel caso italiano, personalmente, il primo passo di un qualsiasi governo dovrebbe essere quello di ridurre l'attuale spesa pubblica che, tra salvataggi continui di improbabili aziende statali (leggasi Alitalia) e continui interventi pubblici finanziati a debito, non ha conosciuto un vero momento di tagli così per poter aver respiro e permettere sia ai privati di investire sia allo Stato di intervenire ora che servirebbe. Il decreto del ministro Costa è infatti sospeso per mancanza di coperture e lo stesso decreto presenta punti di discutibile efficacia.


Il problema, in conclusione, è dunque globale. I singoli Stati devono cominciare ad agire in maniera concreta sia al loro interno sia, allo stesso tempo, trovare un coordinamento internazionale efficace che possa dare risposte concrete e sia di beneficio per tutti noi e per chi verrà dopo di noi. Tutto questo non esclude, ovviamente, azione dei singoli, anzi anche loro (o meglio, noi) siamo parti in causa chiamati a fare la nostra parte.

Tale agire, dei singoli e degli Stati, deve però essere, come già detto, senza spinte ideologiche estreme e irrealistiche politiche che sono solo fumo e non hanno impatto.




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