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Immagine del redattoreMarco Cencio

Cosa è successo nel Mar d'Azov (e perché)?


Un'immagine dello Stretto di Kerch ed il ponte costruito dalla Federazione Russa nel 2014

Le vicende delle ultime ore di ieri, 25 novembre, sono probabilmente riassumibili nella frase “escalation di provocazioni in un’area già calda l’annessione de facto della Crimea alla Federazione Russa ed alle vicende del Donbass”.

Proviamo a commentare brevemente ciò che è avvenuto, perché è accaduto e cosa potrebbe accadere in futuro, tenendo però in conto che la situazione è ancora in pieno svolgimento (da circa un’ora è stato riaperto lo stretto di Kerch alla navigazione marittima civile).


L’area


La zona geografica è particolare di per sé e ci fornisce un quadro generale degli avvenimenti. La zona che ci interessa è il mare d’Azov e lo stretto di Kerch. Lo stretto è la porta di ingresso appunto di questo bacino idrico, una volta in codominio tra Ucraina e Russia, mentre oggi invece la situazione è cambiata.


Con l’annessione della Crimea, la Russia ora controlla completamente lo stretto e buona parte del Mar d’Azov, una situazione parallela, se riflettiamo, al Bosforo ed ai Dardanelli, controllati interamente dalla Turchia ma che sono la porta di accesso al Mar Nero dove si affacciano diversi Paesi. L’Ucraina, tornando nella nostra zona di interesse, possiede ancora un tratto di costa e su questa si trova l’importante città di Mariupol, la decima città dell’Ucraina per popolazione, ed i suoi cantieri navali. La città è stata riconquistata dalle truppe ucraine nel 2015 ma, ancora, ampie porzioni della regione della città sono parte integrante della Repubblica popolare di Doneck la quale, assieme a quella di Lugansk, si sono unilateralmente separate dall’Ucraina ed in queste regioni permane il conflitto che tutti conosciamo.


Si capisce dunque l’importanza di questo stretto sia per l’Ucraina che per la Russia, la quale ha costruito un ponte che collega la penisola della Crimea al territorio russo, sull’altra sponda del braccio d’acqua.



Un'altra immagine dello stretto di Kerch. Questa volta si nota meglio il territorio russo

Le provocazioni e gli atti


Cercando di analizzare le azioni dei due attori coinvolti (Ucraina e Russia) si possono ipotizzare le motivazioni che si trovano alla base delle provocazioni reciproche lanciate nelle ultime ore.

Alcune notizie (che personalmente ritengo abbastanza fondate), riguardanti l’Ucraina, identificano queste azioni provocatorie come un tentativo del presidente Poroshenko di alzare volontariamente la tensione tra i due Paesi, cercando poi di “mostrare i muscoli” con l’intento di distrarre e di convogliare la rabbia della popolazione ucraina contro un attore esterno. Una specie di distrazione appunto dai problemi interni (gravi) al territorio ucraino.


Da parte della Federazione Russa, invece, si può ipotizzare che l’intento ultimo sia rendere sempre più difficile l’accesso al Mar d’Azov così da indebolire e destabilizzare la regione di Mariupol, permettendo alle forze irregolari della Repubblica di Doneck di riprendersi l’importante città costiera. È una strategia plausibile questa e, si potrebbe osare ad affermare, perfino logica dato il sostegno della Russia ai separatisti ucraini.


La vicenda sembra ora entrata in una fase di stallo, dopo diversi attimi di tensione tra cui colpi sparati, ferimenti (solo due feriti) e perfino uno speronamento, ma la tensione sembra essersi alzata e la zona è tornata ad essere di interesse anche per i media italiani ed europei (salvo poi sparire nuovamente, ipoteticamente tra circa 24-48 ore).


Conclusione


Ciò che crea preoccupazione è, da una parte, l’assenza di peso politico europeo nella crisi tra Ucraina e Russia, crisi che si trascina dal 2014, dall’altra il voler proseguire (anche se più lentamente e con molta più prudenza di prima) da parte europea una politica di espansione verso Est, politica che però sta creando non pochi attriti e reazioni aggressive, e forse anche legittime, da parte russa.

Il voler creare minacce credibili per la visione geopolitica e strategica di Mosca quasi a ridosso dei suoi confini è forse una mossa molto pericolosa e richiederebbe riflessioni politiche profonde oltre che ad un peso internazionale molto diverso, e molto maggiore, da parte dell’Unione Europa. Il rischio concreto, benchè molto improbabile è quello di essere la causa indiretta di un nuovo conflitto regionale alle soglie d’Europa, conflitto che sicuramente avrebbe ripercussioni importanti su tutta l’Unione Europea.

La diplomazia si è già mossa e nel pomeriggio ci saranno riunioni all’ONU per cercare di raffreddare la situazione e scongiurare ulteriori peggioramenti nella situazione precaria dell’area.

Dovrebbero però, probabilmente, essere anche riviste le strategie della UE e della NATO per quanto attiene l’Est Europa al fine di non creare ulteriori focolai di tensione e per non fornire il pretesto, alla Russia ma soprattutto al suo presidente Putin, di azioni aggressive volte alla difesa di ciò che verrebbe identificato come interesse nazionale e come scioglimento, metaforicamente parlando, del “cappio” che, per loro, noi occidentali stiamo stringendo attorno ai loro confini.


Come, però già accennato, la situazione sta ancora evolvendo e si vedrà solo in seguito, probabilmente questa sera, come potrebbe finire, se finirà.

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