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  • Immagine del redattoreMarco Cencio

One Belt One Road (sì, ma quale?)

Considerazioni sul grande progetto geopolitico e geostrategico cinese



Oggi, 10 novembre, si chiudono i lavori sul China International Import Expo è un'occasione interessante per riflettere sul grande progetto cinese conosciuto come Belt Road Initiative, il quale si sta sviluppando sia per via terrestre che per via marittima. Questo rientra in un più complesso progetto di investimenti infrastrutturali e, affermiamolo senza mezzi termini, di rilancio di quella che in economia si chiama domanda aggregata (DA) il cui innalzamento è fondamentale per incrementare la produzione e la crescita. Il fatto interessante e sorprendente è che tale progetto, simile per connotati al ERP americano post Seconda guerra mondiale (noto più comunemente come Piano Marshall), fu lanciato, oramai nel “lontano” 2013, da un Paese la cui vita politica è riempita da un solo partito: il Partito Comunista Cinese (PCC o Zhōngguó Gòngchǎndǎng - traslitterando gli ideogrammi in caratteri latini).


Le ragioni per un tale progetto


La Cina ha dunque lanciato un progetto ambizioso, denominato prima OBOR (One Belt One Road, n.d.r.) nome poi cambiato in quello attuale (BRI, n.d.r.) con cui è conosciuto, che porta con sé opportunità e rischi. Le ragioni che stanno alla base di tale sfida sono diverse. Sicuramente una ragione che potremmo porre come fondativa, consiste nella possibilità, per la Cina, di impiegare la sua sovracapacità produttiva in Paesi nei quali servono materie prime ed infrastrutture per poter adeguarsi al resto del mondo. Inoltre, utilizzando la capacità di avere liquidità, la Cina può avere accesso a nuove fonti di materie prime e promuovere la creazione di nuovi mercati per le merci cinesi, sviluppare l’innovazione, dato che la Cina è sempre più un Paese innovativo, migliorare la sicurezza energetica e ridurre gli squilibri regionali promuovendo sviluppo economico nella parte occidentale del Paese e nei Paesi confinanti, come per esempio il Kirghizistan ed il Tagikistan.

Il secondo motivo, non per ordine di importanza ma semplicemente espositivo, fondativo di tale strategia risiede sicuramente nella consapevolezza cinese di essere ora un attore sempre più importante e forte sulla scena mondiale, lanciando così quello che potrebbe essere letto come lo scheletro di un nuovo globalismo, ovviamente sino-centrico. Un esempio può essere l’esplicita condizione posta dalla Cina a diversi Paesi africani a cui erano destinati finanziamenti ed aiuti, ovvero il sostenere la One China policy o la Politica di una sola Cina, ovvero sostenere, a livello UN, l’unicità della Cina a livello globale, sostenendo le pretese cinesi su Taiwan.

Esistono, ovviamente e sicuramente, altri motivi ed altre valutazioni che possono aver spinto il Paese asiatico a varare un piano di tale entità ma l’analisi delle opportunità, lasciandole dunque ad altri momenti, altri autori e ad altri spazi, non deve esimerci dal considerare i grandi rischi che si celano dietro alla BRI.


I rischi: politico-sociali, economici, ambientali


La Cina, infatti, in un primo tempo, ha lanciato la BRI senza una grande attenzione ai possibili rischi e minacce, nonostante un discreto dei Paesi, lungo quelle che vengono definite le “nuove vie della seta”, siano, a livello politico e/o istituzionale, deboli oltre che economicamente vulnerabili e deboli o debolissimi. Circa ventisei Paesi, inoltre, sono musulmani e alcuni hanno seri problemi con diverse cellule terroristiche e jihadiste oltre a vari altri problemi di ordine interno, quali la corruzione e l'inefficienza dell'apparato statale.

L’ambiente e le società, o meglio lo sviluppo che rispetta l’ambiente e le strutture socio-culturali a livello locale, è la seconda grossa incognita che la BRI si porta appresso. Investimenti ed aiuti imponenti possono creare ancora maggiori squilibri nei Paesi che partecipano all'iniziativa oppure trasformando alcune porzioni e/o città e porti direttamente alle autorità cinesi o ad aziende private, connesse però con il Comitato centrale del Partito.

Il terzo rischio è connesso alla possibilità che l’intera economia cinese non sia nient’altro che una gigantesca bolla, molto più pericolosa di quella dei mutui subprime o perfino di quella dei tulipani (una bolla economico-speculativa sui prezzi dei tulipani scoppiata nel 1637 in Olanda, n.d.r.). Il Paese asiatico possiede un debito pubblico estremamente alto e squilibri interni ancora vistosamente importanti a livello locale. Precisando meglio il discorso, citando il Sole 24 ore, il FMI e le Agenzie di rating, il debito pubblico cinese misura oltre 4.600 miliardi di dollari, cifra che però deve essere moltiplicata di due volte e mezzo, nel momento in cui venissero conteggiati anche i debiti degli enti locali. In percentuali, il debito potrebbe essere quantificato in circa il 257% del PIL. Si può però obiettare che la struttura economica cinese sia forte, stabile ed in espansione ma, tuttavia, l’opacità dietro alle cifre calcolate dalla Banca centrale di Pechino, l’insicurezza dei conti ed il taglio del rating del debito, sono segnali di allarme che hanno portato il presidente cinese Xi Jinping a dirigere l’economia cinese verso uno sviluppo più sostenibile e stabile nel tempo.

Con il quarto rischio si guardi l'Italia, benché però per ora questo sembri ancora essere di difficile avvenimento, e soprattutto si guardino i rapporti Italia-Stati Uniti. I dazi di Trump mostrano l’intenzione di piegare la Cina e portarla ad un tavolo di trattative di rinegoziazione degli scambi commerciali sul modello del nuovo accordo del NAFTA con il Canada ed il Messico. Aderire convintamente e profondamente alla BRI, potrebbe anche essere vista come uno sgarbo diplomatico ed il carattere molto emotivo del presidente Usa potrebbe essere motivo di peggioramento delle relazioni con noi, relazioni che per ora sono molto buone.


Conclusioni


Per concludere, il piano economico e di investimenti presenta sia importanti sfide sia eccellenti opportunità di sviluppo e di rilancio dell’economia e della crescita per l’Europa, per l’Asia e per l’Africa in prima battuta ma, in un secondo momento, ci saranno anche opportunità anche per l'America, in quanto un economia ed un commercio globale in crescita risultano essere un fattore positivo per tutti i Paesi.

Bisognerà sicuramente ponderare attentamente già oggi, oltre che nel prossimo futuro, ogni scelta e far fruttare al massimo grado tutti i vantaggi, eliminando o contenendo allo stesso tempo gli effetti negativi.

La scelta della strada da intraprendere si rivela dunque complessa. Non ci resta che scegliere con cura ed attenzione quella da intraprendere.

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