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Immagine del redattoreMarco Cencio

Prematurata la supercazzola o scherziamo?


ATTO I


Il conte Mascetti: Tarapia tapioco! Prematurata la supercazzola o scherziamo?

Vigile: Prego?

Il conte Mascetti: No, mi permetta, no io... Scusi, noi siamo in quattro, come se fosse antani anche per lei soltanto in due oppure in quattro anche scribai con cofandina, come antifurto, per esempio.

Vigile: Ma che antifurto! Mi faccia il piacere, questi signori qui stavano suonando loro, 'un s'intrometta!

Il conte Mascetti: Ma no, aspetti, mi porga l'indice, ecco lo alzi così, guardi, guardi, guardi, lo vede il dito, lo vede che stuzzica, e prematura anche! Ma, allora io le potrei dire, anche col rispetto per l'autorità, che anche soltanto le due cose come vicesindaco, capisce?

Vigile: Vicesindaco?

[gli altri in macchina scoppiano a ridere]

Vigile: Basta così, mi seguano al commissariato!

Il Perozzi: No! No! Attenzione, no, pastène soppaltate secondo l'articolo 12, abbia pazienza, sennò posterdati per due anche un pochino antani in prefettura!

Il conte Mascetti: Senza contare che la supercazzola prematurata ha perso i contatti col tarapia tapioco!

Il Perozzi: Dopo...[1]


Per chi fosse digiuno da capolavori del cinema italiano, lo scambio di battute precedente è tratto da una famosissima scena di Amici miei, un film di Mario Monicelli del 1975.

Perché iniziare uno scritto con un passo di questo film? Non nego che, quando l’ho proposto, gli sguardi trasmettevano un solo messaggio: “Lo abbiamo perso” (in realtà uno ha risposto «Cippa Lippa!» e dunque, come si suole dire in questi casi, partirono «Novantadue minuti di applausi»).

Lo scopo in realtà è ben diverso. Si vuole sottolineare le supercazzole a cui sempre di più ci stiamo abituando tutti, dalla politica interna a quella economica alla politica estera e di difesa etc.


Da novelli conti Mascetti[2], abbiamo scialacquato tutto ciò su cui potevamo puntare e siamo, nell’argomento specifico della politica estera e, più in generale, delle relazioni internazionali all’apice di decenni di superficialità in fatto di scambio di informazioni e analisi sulla realtà internazionale che si evolveva intorno a noi, facendoci rimanere sempre più indietro e condannandoci all’irrilevanza. Siamo un Paese che ha scelto di non scegliere, che, per rifuggire dalla realtà, vive di zingarate (così come i protagonisti del film) per sopperire alle mancanze di cui siamo i soli responsabili.

Fuggire dalla realtà della vita e dei problemi non li risolve magicamente, nemmeno se ci mettiamo “entusiasmo” o se diciamo che sarà un anno “bellissimo”. Sicuramente, per chi si vuole approfittare delle ennesime azioni nonsense italiane sarà tutto entusiasmante e bellissimo, per noi no.


Ma se il conte sembra rappresentare meglio degli altri la metafora dell’Italia (vedremo tra poco perché), gli altri non scherzano affatto. Cinquantenni che non vogliono crescere e scappano dalla loro vita, dagli impegni e non pensano nemmeno alla carne della propria carne (sennò “divento subito vegetariano”, dice il Perozzi).

I protagonisti prendono la vita come un gioco e cercano la risata per non pensare, per vivere in un mondo loro. Si potrebbe dire che prendono a schiaffi una realtà, quella italiana, che subito dopo il boom economico era tornare subito a stagnare, come sua natura, salvo andare alla stazione e prendere a schiaffi chi dal finestrino del vetro si affaccia, colpendo anche un figlio senza riconoscerlo. Una zingarata iconica e dissacrante.


Cosí come il gruppo toscano, stiamo scivolando in un presente ideale e idealizzato (interessanti i rapporti circa la percezione e la realtà dei fatti con uno sguardo europeo oltre che italiano) dove le informazioni, frammentate e sparse, spesso vengono interpretate con il chiaro intento di volersi dare ragione. In aggiunta, la parlantina delle supercazzole (del film o della realtà? Oramai è tutto molto confuso) non può dare una risposta alla realtà dei fatti, al massimo evidenzia la paraculaggine di moltissimi dei nostri ultimi governanti, che è qualcosa che il già citato conte approverebbe ma forse è qualcosa che dovrebbe spaventare e preoccupare un po’ tutti a livello nazionale.


ATTO II


Voglio concludere questo mio pensiero con un’ultima osservazione: il riso.

Al netto della volontà di portare la risata anche nei luoghi seri (adesso si dice così mi pare), le risate che scaturiscono nel film non sono risate divertite, risate piene e convinte, come quelle che possono scaturire da altre commedie, ma sono risate che nascondono la tragicità, la drammaticità delle esistenze dei protagonisti. Le risate infatti scaturiscono più dalla goffaggine e dall’essere grossolani dei protagonisti. Non tutti colgono la precaria esistenza dei protagonisti, soffermandosi sulla risata e sulla degenerazione del voler ridere e divertirsi, dello stare sulla giostra. Peccato però che un giorno, in un momento preciso, saremo tutti chiamati a tornare alla realtà, così come nel film.

Il film, girato nel 1975, sembra ideale per descrivere quello che oggi traspare nella nostra società. E dopo Amici miei arriveranno Amici miei atto II e Amici miei atto III. Altre zingarate, altre risate, altre supercazzole, con in protagonisti sempre più vecchi ma con ancora voglia di divertirsi. Che non sia forse il futuro che ci attende, magari con qualche supercazzola paraplegica?


Direttrice della casa di riposo: Mi fa piacere che si trovi bene qui da noi, ma le ricordo che per gli ospiti c'è un apposito telefono a gettone nell'atrio.

Il conte Mascetti: Sì, ma la sbiriguda della sbrinzellona come fosse antani, come facevo?

Direttrice della casa di riposo: Prego?

Mascetti: Ho provato con la supercazzola con scappellamento paraplegico a sinistra, ma non funzionava! Faceva: tu-du!

Direttrice della casa di riposo: In che senso?

Mascetti: Nel senso anafestico! Eh sì, forse per handicappo d'altitudine, no?

Direttrice della casa di riposo: Ah, vuol dire che il telefono è troppo alto?

Mascetti: No, non era troppo alto... Forse non ha capito, io dicevo che se fosse il coso di telefono, col dito come se fosse... Andando su o giù, giù o su... Segua il dito: vede, se va su non va giù, e se va giù non va su!

Direttrice della casa di riposo: Ah... Si faccia aiutare dalla suora!

Mascetti: È quello che stavo dicendo, no?[3]



ATTO III


(Perdonatemi per lo spoiler che arriverà nelle righe successive).

Alla fine delle zingarate e delle supercazzole però, i protagonisti tornano alle loro case (tranne il conte, il quale non ha una vera e propria casa e infatti prima viene ospitato dagli amici poi va a vivere in uno scantinato. Ed ecco perché è forse la miglior metafora per rappresentare l’Italia). Uno dei componenti però, Giorgio Perozzi, avrà un infarto (nel primo film) e morrà nel suo letto, con solo gli amici a fianco, nell’indifferenza della moglie e del figlio per come aveva vissuto fino a poco prima. Il film però si conclude con il corteo funebre e con l’ennesima zingarata che porterà quelli rimasti a ridere durante il corteo. Ma la conclusione naturale di questo testo può essere una sola scena, l’estremo attaccamento alla voglia di non vivere la realtà:


[Il Perozzi sul letto di morte]

Prete: Dimmi, figliolo.

Il Perozzi: Sbiliguda venial... Con la supercazzola prematurata.

Prete: Come, figliolo?

Il Perozzi: Confesso, come foss'antani, con lo scappellamento... A destra e... Costantinato ammàniti.

Prete: Quante volte, figliolo?

Il Perozzi: Fifty-fifty per la fine... Come fosse mea culpa... Alla supercazz...

Prete: Ed io ti assolvo, dai tuoi peccati.[4]








[1] Scena presa dalla pagina Wikiquote del film Amici miei, disponibile qui: https://it.wikiquote.org/wiki/Amici_miei


[2] Nel film, il conte Mascetti - un eccezionale Ugo Tognazzi - ha origini nobili ma ha scialacquato le ricchezze sue e della moglie e così costretto a vivere di vendita di enciclopedie e viene ospitato dagli amici e vive anche tramite espedienti


[3] Scena tratto dal film Amici miei - atto III di Nanni Loy. Scena presa dalla pagina Wikiquote del film. Potete trovarlo al seguente link: https://it.m.wikiquote.org/wiki/Amici_miei_-_Atto_III%C2%BA


[4] Scena presa dalla pagina Wikiquote del film Amici miei, disponibile qui: https://it.wikiquote.org/wiki/Amici_miei



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