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  • Immagine del redattoreMarco Cencio

Ucraina: un conflitto alle porte dell’Europa. Intervista a Fabrizio Bertot e Francesco Giubilei


In occasione, cioè tra poco meno di 48 ore, del ballottaggio delle elezioni presidenziali in Ucraina del 21 aprile p.v. tra i due sfidanti che hanno ottenuto il maggior numero di voti al primo turno (tenutosi il 31 marzo, N.d.R.), cioè Volodymyr Zelen'skyj (con poco più del 30% dei voti, N.d.A.) e il presidente uscente Petro Oleksijovyč Porošenko (con circa il 16%, N.d.A.), si è deciso di lanciare uno sguardo sul complesso scenario ucraino e su ciò che sta avvenendo in quelle terre. Sono pertanto state chieste alcune considerazioni a due personaggi di spicco: la prima è quella Fabrizio Bertot, co-autore del libro, scritto dopo aver viaggiato e potuto osservare di persona i convulsi processi politici, “Ucraina. La guerra geopolitica tra Stati Uniti e Russia”, e candidato per il Parlamento Europeo con fratelli d’Italia; la seconda è quella Francesco Giubilei, uno dei 100 under 30 più influenti in Italia, giovane editore, scrittore e presidente di Nazione Futura.


La prima domanda non poteva che essere sulla protagonista, sull’Ucraina. Questa è davvero una nazione percepita distante da molti italiani oppure questo fatto è soltanto una percezione?


Fabrizio Bertot: Viene percepita come distante perché viene vissuta come un Paese appartenente alla “cortina di ferro” come quasi tutti i Paesi che appartenevano al blocco sovietico. Detto questo però è un Paese che dista mille chilometri dall’Italia, un Paese di religione cristiana, dilaniato da una guerra le cui conseguenze ricadono in un certo modo sull’Europa e in particolar modo anche sull’Italia.


Un Paese in realtà inserito prima nella sfera sovietica, poi però si è legato anche all’Occidente, dunque a cavallo tra l’Est e l’Ovest. Negli ultimi anni però sembra che questa sua condizione abbia portato ad una sorta di separazione netta all’interno del territorio ucraino. La percezione è veritiera oppure no, oppure non vengono colte altre linee di faglia ulteriori?


Fabrizio Bertot: Innanzitutto dobbiamo decidere cosa intendiamo con Oriente e Occidente. Ucraina, poi, vuol dire “confine” quindi già nella parole c’è tutto, c’è il significato di una terra che è sempre stata divisa, anche geograficamente dal Dnepr, il fiume che la divide in due lati, Est e Ovest. Dopodiché, vogliamo dividerci da un Oriente, dobbiamo stabilire un confine. Se il confine è la Russia allora è chiaro che l’Ucraina è una terra di mezzo. Se però il confine con l’Oriente è oltre gli Urali, allora l’Ucraina è una terra che condivide comunque con l’Europa Occidentale gli valori: il rispetto per la vita, il valore della famiglia, cioè quella cultura cristiana che accomunano noi tutti non solo con l’Ucraina ma anche con la Federazione Russa. Quindi, da un punto di vista geopolitico, è il cuore di un continente euroasiatico che io non definirei e, soprattutto, dividerei tra Est e Ovest.


Francesco, Cosa pensi in merito a quello che è appena stato esposto? Ti trovi d’accordo oppure no?


Francesco Giubilei: Condivido in toto quello che diceva Fabrizio. Se dovessimo creare un parallelismo tra la situazione ucraina, in generale, e l’Italia, potremmo dire che entrambe le Nazioni hanno effettivamente un ruolo, da un punto di vista geografico, storico e politico, di cerniera tra due mondi, quello occidentale e quello orientale. Anche l’Italia, data la sua posizione centrale nel Mediterraneo, è stata storicamente un crocevia, già dai tempi della Repubblica di Venezia, con quello che era il mondo orientale, e quindi tutti gli influssi non solo proveniente dall’Oriente ma anche dal mondo nordafricano e soprattutto gli influssi del Nord Europa e poi dal mondo americano. Ci sono, pertanto, molti più elementi di quanti possiamo pensare o ritenere in comune tra l’Italia e l’Ucraina.


Come valutare il movimento di piazza, il movimento Euromaidan, che chiedeva un cambio e si pensa abbia portato a un cambio di regime e che aveva l’obiettivo di migliorare un Paese complesso e frastagliato. Dopo quasi 5/6 anni, l’Ucraina ha cominciato questo processo di cambiamento oppure no?


Fabrizio Bertot: È un Paese dilaniato dalla guerra civile. È un Paese dove un cristiano ammazza un altro cristiano. È un Paese minato nella sua economia. Era il granaio d’Europa ora è il granaio delle multinazionali. C’è la Monsanto, gruppo Bayer, che si è appropriata di tutti i terreni e della filiera della cultura ucraina con il rischio che, date le sperimentazioni Ogm di quest’ultima, dall’Ucraina possano poi riversarsi sul mercato nostrano. Quindi, l’Ucraina ha fatto la fine della Grecia.


Con una guerra civile in più


Fabrizio Bertot: Con una guerra civile, con dei morti e parlando del Maidan, un movimento di piazza abbondantemente finanziato dai poteri forti.


Il referendum della Crimea e poi il tentativo di autonomia delle due province orientali sono focolai ancora accesi, ancora presenti. Lei vede, da quello che ha potuto vedere, che si stanno stabilizzando oppure no e finché ci sarà forza continuerà? Sembra, per certi aspetti e con le differenze del caso, simile al focolaio di indipendenza mai sopito in Catalogna.


Fabrizio Bertot: No perché l’Ucraina sono delle divisioni interne alimentate dall’esterno, sia da una parte che dall’altra, indistintamente. La Catalogna invece è un meccanismo interno e il problema deve essere risolto internamente, senza ingerenze esterne. Il problema dell’Ucraina è che proprio le ingerenze esterne possono, secondo le proprie esigenze, spingere sull’acceleratore e aumentare la tensione oppure sopirla. Quindi il problema non sarà mai risolto finché il Paese non sarà libero da ingerenze esterne sia da una parte che dall’altra.


Domanda provocatoria: Durante i miei studi mi sono imbattuto più volte nella nota frase di Luttwak (citandola adesso senza contestualizzarla) che afferma che si dovrebbe “lasciare un’opportunità alla guerra”. Potrebbe essere questa una possibile soluzione, benchè sia questa drammatica, oppure è meglio lasciare venga trovata una soluzione politica e diplomatica?


Fabrizio Bertot: Il fatto è questo: la politica ha fallito. Perché la guerra è in corso anche se riguarda gli Ucraini e che sponsorizza le singole fazioni. Dopodiché, se dovesse deflagrare sarebbe una guerra mondiale per gli interessi in gioco, le tecnologie e gli armamenti. È evidente che uno degli scenari possibili sia la guerra, la terza guerra mondiale, ma mi auguro che la politica, attraverso il tavolo di interessi precisi che io ho definito (nel libro, N.d.A.) “il quartetto di Normandia”, mi auguro che questo possa continuare ad operare anche dopo le elezioni dell’altro giorno e nonostante la non ancora raggiunta maturità della democrazia ucraina.


L’Italia, come è stato detto prima, è un crocevia ed ha interessi non solo verso l’Est Europa (per esempio l’approvvigionamento energetico, l’agroalimentare, finanziari etc.) ma anche e soprattutto nei confronti dei Paesi Occidentali e dell’Europa. È un Paese di mezzo e come tale che voce e/o che peso politico potrebbe avere?


Francesco Giubilei: In questo frangente l’Italia, così come in altri contesti internazionali, può avere sicuramente un ruolo, se vogliamo, di paciere, ovvero essere uno Stato super partes che, con una posizione di neutralità con il mondo americano e con il mondo russo, possa favorire dei processi diplomatici che poi portino alla pace perché è chiaro che l’obiettivo definitivo della situazione ucraina è risolvere questa guerra civile che sta avvenendo all’interno dello Stato e trovare una soluzione pacifica che possa far si che i cittadini ucraini, che sono le prime vittime di quanto sta avvenendo, possano successivamente tornare ad un stato di vita civile. Il nostro Paese, in questo contesto, può veramente avere un ruolo importante e lo si sta vedendo con i rapporti avuti fino ad oggi con il mondo americano sotto la presidenza Trump, il quale ha avuto dei rapporti con l’Italia migliori di quelli avuti con la Francia e la Germania, e, allo stesso tempo, con gli storici rapporti di amicizia e vicinanza che il nostro Paese ha con il mondo russo.


Quale futuro per l’Ucraina, anche alla luce di questa votazione, non solo guardando al domani più vicino ma anche al prossimo futuro?


Fabrizio Bertot: Il futuro dell’Ucraina è strettamente legato a quello che succederà sulla scena internazionale. Se Russia e Stati Uniti permetteranno all’Ucraina di adottare una soluzione interna e se questa soluzione possa essere una strutturazione fortemente federale, allora è questo il futuro che auguro anche perché significherebbe un contesto unitario e soprattutto un contesto di pace. Tutto questo però non può che avvenire che dopo la rielezione di Trump perché adesso è stato comunque minato dal Russiagate e ci sono le elezioni presidenziali a breve. Una sua rielezione può essere un aiuto alla pace in quei territori.

Francesco Giubilei: Concludendo con una battuta flash. L’importante è che, chiunque vinca, sappia restituire credibilità allo Stato ucraino, sappia restituire credibilità a quella che è la classe dirigente ucraina superando quei problemi endemici, come la corruzione, che stanno affliggendo tutta la popolazione ucraina. Quello che dovrebbe emergere dalle elezione dovrebbe, dunque, essere una classe dirigente che abbia a cuore quelli che sono gli interessi degli ucraini in primis.





Ringrazio Fabrizio Bertot e Francesco Giubilei per la disponibilità mostrata e per la interessanti risposte fornite. A loro ovviamente i miei migliori auguri per il proseguo delle loro attività e carriere.

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