Il “caso Venezuela”
Il “caso Venezuela”, scoppiato da un po’ di tempo sulla scena internazionale, è molto evidentemente causa di un sistema socioeconomico insostenibile, sostenuto interamente dalla vendita del petrolio che, appena questo ha subito un crollo, è collassato, costringendo Maduro a serrare maggiormente le fila del potere, accentrando su di sé tutti i poteri. La creazione poi di un’Assemblea legislativa atta a riscrivere la costituzione del Paese composta interamente da appartenenti al suo partito, o legati ad esso, e il conseguente snaturamento del Parlamento, dove il partito di Maduro si trovava in minoranza durante questa crisi economica perdurante da tempo, non è altro che un ulteriore passo verso un autoritarismo estremamente resistente data la fedeltà dell’esercito verso il presidente della Repubblica attuale.
La situazione economica del Venezuela è tragica ed è dovuta da decenni di politiche estreme e non sostenute adeguatamente già con l’avvento di Hugo Chavez negli anni ’90. Se infatti eliminiamo quelle che possono essere considerate osservazioni di parte sulle scelte economiche, possiamo leggere le politiche di Chavez come un tentativo di sconfiggere il persistente impoverimento di buona parte della società venezuelana di allora. La critica che però è necessario muovere, a questo punto, consiste nel non aver saputo o voluto diversificare l’economica ma anzi, ha portato avanti in un dirigismo talmente spinto da causare poi al collasso un Paese che era tra i più ricchi del Sud America. L’avvento di Maduro ha accentuato i problemi sia con politiche miopi, le quali hanno seguito le orme del suo predecessore (acquisizione/nazionalizzazione delle aziende, epurazione dei dirigenti e delle personalità non fedeli etc.), sia con la restrizione delle libertà e dei diritti civili.
I grafici di seguito presenti, presi da un esaustivo e interessante articolo del The Economist[1], mostrano i costi economici e umani delle politiche portate avanti dal Maduro ed evidenziano come l’economia del Paese sia devastata in maniera quasi irreversibile. La politica e le istituzioni poi sono squarciate dalle prese di potere di Maduro e dalla creazione dell’Assemblea Nazionale Costituente, composta interamente da appartenenti al partito del presidente del Venezuela e da chi lo sostiene e gli è fedele.
Il parlamento venezuelano, invece, è in mano alle opposizioni fin dal 2015, a seguito di elezioni che videro la sconfitta del partito socialista di Chavez prima e di Maduro poi. Sembra dunque corretta la lettura costituzionalista delle azioni di Guaidò, il quale vuole spezzare il circolo vizioso in cui sembra caduto il sistema politico-istituzionale venezuelano, dove la crisi e le proteste hanno visto l'aumento delle misure autoritarie, le quali hanno poi innescaro altre proteste più forti e una nuova crisi e, di risposta, nuove rigide misure di controllo etc. Le accuse di brogli e di voti pilotati, avvenute subito dopo la rielezione di Maduro come presidente del Paese, non hanno fatto altro che infiammare ancora di più il dibattito e rendere incandescenti le proteste sia contro che pro l’attuale dominus del Venezuela.
Il Paese sopravvive grazie ad aiuti di Paesi che investono miliardi quali Russia e Cina (i quali si sono schierati a protezione sì di Maduro ma soprattutto dei loro enormi investimenti e interessi). Anche gli Stati Uniti, però, non hanno mai sostanzialmente diminuito l’acquisto del greggio venezuelano e le loro importazioni in questo Paese, segno che le azioni sono politiche e sono rivolte all’attuazione di quello che si definisce un regime change, così come le minacce portate avanti da Trump e da altri esponenti politici americani sembrano più tentativi di indirizzare l’attenzione mediatica verso l’esterno che non verso la spaccatura politica del Paese a stelle e strisce, come si può vedere di seguito.
L’appoggio di Turchia (in realtà irrilevante a livello internazionale oltre al fatto che anche questo Paese è alle prese con forti problemi economici), di Russia e Cina, loro sì determinanti a livello internazionale, in sede ONU e nel Consiglio di Sicurezza soprattutto, si sta per il momento limitando a prese di posizioni e non sembra immaginabile ipotizzare risvolti pratici, quali per esempio interventi militari ufficiali a sostegno del loro alleato. Il possibile arrivo di forze paramilitari (in numero ridotto ed esiguo ma già segnalate, come nel caso dei contractors del "gruppo Wagner")[2] sarà tuttavia più rivolto alla tutela degli investimenti e dei connazionali presenti oppurealla protezione di Maduro stesso o di singoli esponenti chiave del regime.
Il futuro del Paese
Fino a questo punto del testo dunque, abbiamo sia riassunto gli avvenimenti e la situazione del Venezuela oggi. E per il futuro?
Sembrerà banale ma il futuro riserverà, a mio avviso, non un enorme balzo per il Paese sudamericano in quanto la disastrata situazione economica, l’impostazione sociale e politica del Paese, anche successivamente ad un superamento delle problematiche e dell’autoritarismo odierno, non permette grandi possibilità. È dunque realistico ipotizzare che la dipendenza dal petrolio del Paese possa sì calare, ma che rimanga predominante nella realtà economica del Venezuela.
Il rischio enorme che sta correndo questo Paese è rappresentato da un lato dalla grave situazione umanitaria, che dovrebbe toccare la sensibilità di tutti spingendoli a riflettere sul perché tale disastro sia avvenuto e quali politiche lo abbiano causato (una lezione da tenere a mente), dall’altro rischia di vedere nelle mani dei debitori pezzi sempre più consistenti dello Stato e dunque il perdurare sia della crisi economica sia della povertà, come precedentemente accennato.
Le sanzioni prospettate dal presidente Trump non sono una soluzione, così come la disinformazione e la strumentalizzazione su ciò che avviene e avverrà in Venezuela non aiutano un processo che, se non porterà alla creazione di quella che molti identificano come una “Siria sudamericana” (a mio modo di vedere impossibile), sicuramente creerà una destabilizzazione talmente importante i cui effetti toccheranno tutti.
Sarebbe dunque saggio invocare l’arrivo non degli Avengers o di qualche altro supereroe ma di gravitas, pietas, humanitas, aequitas, pax e clementia, da intendersi nella loro eccezione classica.
[1] Disponibile qui: https://www.economist.com/the-americas/2019/01/12/nicolas-maduro-digs-in-for-another-six-year-term
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